La scomoda verità dei conti energetici e l’inganno nucleare
L’economia mondiale oggi è alimentata fondamentalmente da combustibili fossili, che nel 2007 coprivano l’81,4% dell’energia primaria (calore, elettricità, carburanti) utilizzata (vedi figura 1).
Piuttosto modesto risulta il contributo del nucleare, pari al 5,9% addirittura in calo rispetto al 6,2 % del 2006; inoltre tale dato rappresenta il calore prodotto dalle centrali nucleari che viene in massima parte disperso e solo il 30% – 35% convertito in elettricità. Quindi il nucleare ha fornito nel 2008 come energia elettrica realmente utilizzata, meno del 2% dell’energia primaria utilizzata nel mondo. Rispetto ai consumi mondiali di sola elettricità, il nucleare ha fornito il 13,8%, molto meno dell’idroelettrico che ha dato il 15,6% . L’andamento storico dei consumi mondiali mostra una crescita media annua negli ultimi 30 anni di circa il 2% coperta prevalentemente con il ricorso a carbone, petrolio e gas naturale.
Continuando con questo tasso di aumento si dovrebbe quindi fronteggiare una domanda di 15.500 Mtep nel 2020 e di ben 28.000 Mtep nel 2050[1]. Considerare una crescita dei consumi costante e pari al 2%, fino al 2050 comporta la necessità di reperire 168.500 Mtep per alimentare l’economia mondiale fra il 2006 e il 2020, e ben 856.000 Mtep fino al 2050. Il livello di trasformazione del pianeta che l’utilizzo di queste quantità di energia provocherebbe sugli ecosistemi planetari, sarebbe di per sé insostenibile a prescindere da qualsiasi altra considerazione sulle emissioni di gas serra.
Una simile prospettiva deve fare inoltre i conti con la disponibilità delle fonti non rinnovabili che hanno fino ad oggi alimentato il sistema economico mondiale.
Carbone
Le riserve mondiali accertate di antracite alla fine del 2007, ammontavano a 430.896 milioni di tonnellate, mentre quelle di lignite 416.592 milioni di tonnellate, corrispondenti complessivamente a circa 457 Gtep[2] [3].
Petrolio
Alla fine del 2007, le riserve accertate di petrolio ammontavano a 168,6 Gtep[4].
Gas naturale
Le riserve accertate di gas naturale a fine 2007 risultavano pari a 177.360[5] miliardi di metri cubi, equivalenti a 146,3 Gtep.
Nucleare
Le riserve di Uranio accertate ammontano a circa 5,5 milioni di tonnellate[6]. corrispondenti a 18-29 Gtep elettrici, dal momento che l’unica energia utilizzabile di una centrale nucleare è quella elettrica. Nel caso si potesse ipotizzare in futuro un uso termico dell’energia nucleare le riserve corrisponderebbero, in termini di energia termica, a 55-88 Gtep. [7]
Quanto detto e riassunto nella tabella, significa che se continueremo con lo scenario di crescita dei consumi degli ultimi trent’anni, prima del 2050 avremo esaurito tutte le risorse energetiche non rinnovabili attualmente accertate. Gli economisti ed i politici obiettano che nel frattempo si svilupperanno nuove tecnologie, e nuove risorse saranno rese sfruttabili, e possiamo ragionevolmente pensare che almeno in parte ciò accadrà. Di fronte a queste cifre sorge tuttavia tutta una serie di interrogativi:
- E’ giusto e responsabile legare il futuro dell’umanità ad auspici, promesse e speranze, di nuove scoperte?
- Siamo così sicuri che il ritmo di scoperte ed invenzioni continuerà in questo secolo ad essere veloce come quello eccezionale del secolo scorso?
- Quanto sono consapevoli i politici di stare guidando il mondo sul filo del rasoio?
- Quanto sono consapevoli i cittadini che chi decide le sorti del mondo sta scommettendo in modo così spericolato sul loro futuro?
Tornando al nucleare bisogna considerare che circa il 70% dei reattori nucleari oggi in funzione sono stati realizzati fra il 1975 e il 1985, e quindi verranno chiusi fra il 2030 e il 2040. Ciò significa che per mantenere l’attuale potenza nucleare, che nello scenario inerziale considerato rappresenterà nel 2020 appena il 4% del fabbisogno mondiale di energia primaria, considerando costi di realizzazione stimati in 7 $/W 5,46 €/W (stima di Moody’s Investors-2008)[8], sarà necessario sostituire circa 250 GW che saranno chiusi, con un costo di circa 1.365 miliardi di euro. Senza cobntare i costi di smantellamento delle vecchie centrali, assai più elevati degli stessi costi di costruzione, motivo per cui nel mondo si sta prolungando la vita di questi impianti ben oltre il tempo previsto nei progetti; ciò non può non avere crescenti conseguenze sulla sicurezza. Basta solo questo per comprendere che il nucleare riveste un ruolo marginale nel futuro energetico mondiale.
A questo aggiungiamo le permanenti incertezze su costi ed affidabilità per la gestione finale delle scorie e il fatto che il costo dell’uranio è aumentato di 10 volte fra il 2003 e il 2007. Anche nel paese tecnologicamente più avanzato, gli USA, dopo 50 anni di ricerche il problema di un deposito sicuro per le scorie ad alta radioattività non ha ancora trovato soluzione. Secondo Chemistry and Engineering News del 5 maggio 2008, le scorie rimarranno sui piazzali delle centrali per un tempo indeterminato
Bisogna anche notare che nessuna nazione europea, e tanto meno l’Italia, produce o ha riserve di Uranio, per cui non sarà certo lo sviluppo del nucleare che potrà aiutarci ad avere maggior indipendenza energetica. Il costo dell’uranio, poi, è destinato a crescere per il fatto che dopo il 2030 saranno esaurite le miniere ad alta concentrazione in giacimenti sabbiosi e quindi facili da trattare (soft ore) e si dovrà ricorrere all’estrazione di uranio da graniti (hard ore) e ad una concentrazione di uranio decine di volte inferiore. Ciò implicherà costi molto più elevati e più alti consumi di combustibili per la sua estrazione. Si prevede che i crescenti consumi delle attività di estrazione porteranno rapidamente le emissioni di CO2 del kWh nucleare a superare quelle relative alle centrali a gas, smentendo anche il presunto ruolo dell’energia nucleare in uno scenario di riduzione delle emissioni.
Inoltre, sempre secondo il già citato rapporto di Moody’s, il costo del kWh nucleare sta aumentando del 7% all’anno, e quindi nel 2020 sarà raddoppiato passando dagli attuali 0,07 € a 0,14 €. Ciò comporta che se per quella data il 25% dell’elettricità verrà prodotta dal nucleare, come nei piani del nostro governo, la bolletta elettrica degli italiani sarà più pesante del 25%; cioè su una bolletta annua di 500 € il cittadino si troverebbe a pagare ben 125 € in più.
L’utopia che vi propongo oggi è molto semplice: che si dica la verità alla gente.
Alla prossima utopia
[1] In realtà la situazione è molto più problematica se consideriamo il fatto che ci sono più di 1.320 milioni di cinesi che hanno accresciuto i loro consumi energetici fra il 2006 e il 2007 di ben il 7,7%, ed inoltre questo aumento è andato in massima parte a vantaggio del 20% più ricco della popolazione.
[2] 1Gtep (gigatep) = 1000 Mtep, cioè un miliardo di tep (tonnellate equivalenti petrolio)
[3] Dati tratti da BP Statistical Review of World Energy, June 2008 Considerando per l’antracite un potere calorifico inferiore medio pari a 30Gj/t, corrispondente a 0,7 tep e per la lignite un potere calorifico inferiore pari a 15 GJ/t, corrispondente a 0.36 tep, le riserve accertate di carbone corrispondono complessivamente a 457 Gtep.
[4] Dati tratti da BP Statistical Review of World Energy, June 2008
[5] Dati tratti da BP Statistical Review of World Energy, June 2008
[6] Fonte: IAEA (International Atomic Energy Agency) Annual Report-2007 e si riferisce alla quantità di “combustibile nucleare” producibile con l’uranio estraibile ad un costo inferiore ai 130 $/kg.
[7] Il fattore di conversione in energia termica utilizzato nel Red Book della OECD NEA/IAEA è 10.000-16.000 tep per tonnellata di ossido di uranio; la variabilità così ampia dipende dalle diverse tecnologie adottate nei reattori nucleari. Dal momento che l’energia utile prodotta dai reattori nucleari è solo quella elettrica, viene considerato il 33% che è un rendimento medio/alto di una centrale nucleare. In definitiva il fattore di conversione utilizzato è 3.300-5.280 tep/tonnellata di Uranio.
[8] Moody’s Corporate Finance, “New Nuclear Generating Capacity”, May 2008