Parole, parole, parole…
Alcune settimane fa, in uno dei tanti convegni estivi in cui le parole scivolano senza freno come il sudore sulla fronte di relatori e pubblico, il sindaco di Roma annunciava la sua intenzione di liberare tutto il centro storico dalle automobili entro tre anni. Ora che l’estate declina verso l’autunno e l’aria più fresca riporta le menti alla realtà non posso non notare come perfino la villa storica della capitale, Villa Borghese, la cui realizzazione risale agli inizi del ‘600, una delle ville più importanti del mondo, che dopo gli ultimi restauri dei suoi prestigiosi edifici si è guadagnata l’appellativo di “parco dei musei”, è in gran parte aperta al traffico ed alla sosta di veicoli privati, zona franca di quartiere dalla sosta a pagamento, nonostante da decenni esista un parcheggio sotterraneo al suo interno, largamente inutilizzato ed in parte colpevolmente riconvertito ad usi commerciali. Basterebbero tre giorni per chiuderla al traffico, semplicemente adeguando il percorso del bus elettrico che già oggi la attraversa, per collegare musei e bioparco al parcheggio. Ma il risveglio dai sogni estivi alimentati dal sindaco in realtà è reso assai più duro dall’annuncio che Roma intende ospitare un Gran Premio di Formula 1. Caro sindaco non romano, col cognome di barbaro, così lei colpisce al cuore la storia bi-millenaria, l’orgoglio e la dignità di una città unica al mondo, che non ha certo bisogno del circo automobilistico per attirare turisti.
E che dire del Presidente del Consiglio che addirittura a Mosca si è lamentato dell’eccessiva pressione fiscale che c’è in Italia, come se non fosse lui il capo del governo che volendo potrebbe ridurla; e lui lo è stato per 9 anni negli ultimi sedici anni, senza ridurre le tasse. Ma il ministro delle finanze dice che in piena crisi economica non si può, perché bisogna prima mettere in ordine i conti pubblici. Ma in crisi economica, oltre a ridurre gli sprechi e le spese meno essenziali, i paesi che vogliono uscirne preparano la ripresa, si attrezzano per il futuro. Si investe in ricerca, innovazione tecnologica, università ed istruzione; si realizzano infrastrutture importanti, quelle che maggiormente possono incidere sulla economia nazionale. Niente di tutto ciò avviene nel nostro paese. Si tagliano gli investimenti nella scuola e nelle università. Come progetto strategico si punta al ponte sullo Stretto di Messina, opera ciclopica e costosissima di interesse esclusivamente locale, che avrebbe una modestissima incidenza sul sistema di trasporti nazionale. Se quei capitali venissero indirizzati al trasporto marittimo, potremmo trasportare le merci spendendo 1/5 dell’energia necessaria a trasportarle su strada, riducendo drasticamente le emissioni di gas serra, aumentando fortemente la sicurezza su strade ed autostrade liberate dai TIR, riducendo drasticamente il costo di trasporto e quindi il costo delle merci, creando migliaia di posti di lavoro nella cantieristica navale e nelle attività portuali.
Ma il Ministro del Tesoro ha invocato recentemente per uscire dalla crisi l’accelerazione del programma di costruzione di centrali nucleari nel nostro paese, per abbassare, dice, il costo dell’energia. Ma se l’energia nucleare è così conveniente come dice il Ministro, perché a 50 anni dalla sua diffusione su scala industriale contribuisce a meno del 6% dell’energia primaria utilizzata nel mondo? E se è così conveniente, perché l’ENEL per la realizzazione delle centrali pretende l’impegno del Governo ad acquistare l’energia prodotta, venendo meno a quel principio di libero mercato che ha portato alla fine del monopolio energetico, per far sì che prevalesse il produttore dell’energia meno costosa?
Parlano i politici italiani in estate, diffondono sogni destinati a cadere come foglie in autunno, spargono parole, parole, senza mai spiegarne il senso, forse perché, come dice una nota canzone “il senso non ce l’ha”; o forse ce l’hanno ma non si può dire.