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Chi non ama le energie rinnovabili, non ama l’Italia

4 marzo 2011 0 commenti

Ieri il governo ha approvato un Decreto assai preoccupante per un settore delicato ed in forte espansione, come quello delle energie rinnovabili. Preoccupante in quanto, dichiarando che nel prossimo mese di giugno rivedrà il meccanismo degli incentivi all’energia fotovoltaica, ha gettato nel panico un settore che, proprio per la sua rapida crescita, oggi è molto sbilanciato sul fronte degli investimenti e corre seri rischi, in assenza di certezze, di implodere drammaticamente. Ciò farebbe perdere al nostro Paese, non solo la spinta di un miracoloso recupero attuato in questi ultimi anni, sul ritardo tecnologico accumulato negli ultimi decenni, ma bloccherebbe anche una grande realtà in controtendenza rispetto all’occupazione, avendo il settore delle rinnovabili nell’ultimo anno creato ben nuovi 50.000 posti di lavoro.

Fino a poche ore dall’approvazione, inoltre Romani, Ministro per lo Sviluppo Economico, era intenzionato a porre addirittura un tetto allo sviluppo del solare fotovoltaico, che nelle sue intenzioni non avrebbe dovuto superare gli 8.000 MW fino al 2020. Si tratta di una intenzione davvero sorprendente in quanto entro il 2020 l’Italia si è impegnata a produrre almeno il 17% della sua energia da fonti rinnovabili, e quindi, se vuole evitare pesanti sanzioni, deve sostenere e non limitare il ricorso a tali fonti.

Questo atteggiamento, apparentemente incomprensibile, deve farci riflettere su quali sono le reali intenzioni di chi guida in questa grave e delicata crisi economica un Ministero chiave e quale è di conseguenza l’orientamento dell’attuale Governo in campo energetico.

Bedzed, Londra

Bedzed, Londra

L’Italia ha nel suo meridione alcune delle aree con il maggior numero di ore annue di sole, e quindi in esse l’elettricità prodotta dal sole attraverso i pannelli fotovoltaici, già oggi è prossima alla competitività, e comunque lo sarà con circa 10 anni di anticipo rispetto alla Germania, paese leader al mondo nello sviluppo di questa tecnologia. L’Italia, non avendo miniere di carbone (eccetto il Sulcis che non ha una grande importanza in termini di qualità e quantità del carbone presente), né di uranio, non avendo giacimenti di petrolio o di gas se non in piccola misura, ha tutta la convenienza di sviluppare una propria industria solare, incentivando nuove tecnologie fotovoltaiche che corrono verso una prospettiva di riduzione dei costi.

Perché invece arriva addirittura ad ipotizzare l’apposizione di un tetto al loro sviluppo?

impianto fotovoltaico

impianto fotovoltaico

E’ cosa nota a tutti che questo Governo ha una posizione favorevole ad un rilancio del nucleare fondata su basi ideologiche e su interessi economici di parte. Dico su basi ideologiche perché riguarda una tecnologia che l’Agenzia Internazionale per l’Energia non prevede affatto in sviluppo nei prossimi 20 anni. Si tratta di una avventura economicamente molto rischiosa, non solo perché si basa su una tecnologia in declino, ma perché i suoi costi stanno rapidamente crescendo, come sta crescendo il costo dell’uranio a causa dell’esaurimento delle miniere più facilmente accessibili. Inoltre il ciclo di produzione del cosiddetto “combustibile nucleare” consiste di impianti chimici ed è quindi fortemente dipendente dal costo del petrolio, anch’esso in rapida crescita.

nucleare

nucleare

Inoltre teniamo presente che l’Italia complessivamente ha una potenza installata (103.281 MW nel 2009) superiore dell’82% al picco massimo di richiesta mai raggiunto (56.822 MW raggiunto il 18/12/2007); pur considerando che in parte si tratta di vecchie centrali poco utilizzate, non possiamo non rilevare che tale abbondanza di potenza rappresenta una situazione molto favorevole agli investimenti in nuove tecnologie, in un ottica che guarda al futuro.

Tutto fa pensare che anche questa freddezza, che a volte appare un vero ostracismo, verso le energie rinnovabili, sia volta a recuperare gli ingenti capitali pubblici destinati a coprire tutti quei costi del nucleare che altrimenti lo metterebbero fuori mercato: la gestione della sicurezza esterna, la gestione delle scorie, lo smantellamento delle centrali, i costi di infrastrutturazione ed i vincoli sulle aree…ecc.

Ma come mai la lobby nucleare che tanto condiziona il nostro governo è così potente? Si tratta della forza della disperazione di imprese che nei prossimi 20 anni dovranno affrontare gli elevatissimi costi dello smantellamento delle vecchie centrali ormai a fine vita e la gestione delle relative scorie, e che quindi hanno urgente necessità di capitali. E così, una tecnologia che dopo 50 anni mostra evidenti bilanci fallimentari, dimostrati anche dal fatto che copre appena il 6% dell’energia primaria prodotta nel mondo, cerca nuovi spazi per riprodurre i suoi fallimenti, e li trova in classi politiche demagogiche, che con la loro propaganda capovolgono la realtà raccontando che il nucleare abbasserà il costo dell’energia mentre le fonti rinnovabili sono troppo costose.