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Nucleare: quando la fede è mal riposta

17 marzo 2011 0 commenti

Ciò che sta emergendo in queste ore drammatiche per la situazione delle centrali nucleari giapponesi è il crollo delle certezze costruite con molta scienza ma anche con molto fideismo nella capacità della tecnologia. Industriali, ricercatori, ingegneri, tecnici, militari, sono cresciuti con la fede assoluta di potere e sapere controllare, dominare ed indirizzare per i loro scopi, più o meno nobili, l’enorme potenza sprigionata dalla fissione nucleare. Anche da noi, fatta eccezione per alcuni personaggi dell’industria e della politica che si muovono sulla base di evidenti interessi di parte, la maggior parte dei fisici e degli ingegneri nucleari restano attaccati alla loro fede dicendosi certi che in Italia, con le nuove centrali, ciò che sta avvenendo in Giappone non potrebbe accadere. Io credo nella buona fede di questi ultimi e spiego perché.fedenucleare3

Ho iniziato da giovane a studiare ingegneria con l’obiettivo di divenire ingegnere nucleare, affascinato anch’io da questa tecnologia che si diceva “pulita”, da una tecnologia capace di imbrigliare per il bene la grande energia del male, delle bombe atomiche. Mi sono ricreduto quando ho iniziato a vedere i primi testi riguardanti il rischio e la sicurezza, prendendo a seguito di ciò l’indirizzo elettronico. Cosa c’è che non va in questa teoria?

La teoria parte dalla considerazione di un certo numero di eventi ipotizzabili in grado di produrre, ognuno di essi, un certo numero di guasti nella centrale. Ciascun guasto può a sua volta produrre un certo numero di eventi e così via. Il contemporaneo verificarsi di alcuni guasti porta a sua volta a considerare nuove catene di eventi. In tal modo si vengono a costruire degli “alberi di guasto” molto complessi in cima ai quali c’è il “massimo incidente ipotizzabile” che nelle centrali nucleari è la “fusione del nocciolo”, cioè delle barre di acciaio che contengono il materiale radioattivo, il cosiddetto “combustibile nucleare”. Scopo degli ingegneri è allora prevedere da una parte dei monitoraggi di ogni parte del reattore per accorgersi in tempo reale del verificarsi di un guasto, e dall’altra degli automatismi che impediscano il propagarsi e l’aggravamento della sequenza di guasti. A volte queste catene di eventi negativi vengono interrotti da controlli automatici, altre volte richiedono conferme o interventi particolari da parte degli operatori umani. Tutto molto bello ed affascinante sui libri di ingegneria, al punto che chi studia e mette in pratica questa teoria, progettando e gestendo un reattore nucleare, dimentica che si tratta di teoria e, come spesso accade, confonde la teoria con la realtà.fedenucleare2

Bisogna allora considerare una verità molto presente ai veri scienziati, cioè a quelli che non sono mossi da atti di fede incondizionata: la scienza, quanto più è esatta, tanto più si allontana dalla realtà. Accanto agli eventi prescelti come “ipotizzabili” esistono tante altre piccole varianti “non ipotizzate” che possono scatenare sequenze di eventi del tutto impreviste. Per esempio un tecnico che in un certo giorno, per motivi personali, sia particolarmente euforico o particolarmente stanco, di fronte all’accendersi di una spia di malfunzionamento che in 20 anni di servizio ha sempre visto spenta, anziché attivare le procedure previste, decide di chiamare gli elettricisti per verificare se la spia funziona bene; gli elettricisti sono impegnati in un intervento in un altro locale della centrale e così via….un intervento dell’operatore previsto nel giro di pochi minuti, avviene dopo un’ora….fedenucleare1

I maggiori incidenti negli impianti nucleari sono stati generati da errori umani di sottovalutazione o da fattori esterni non previsti…lo tzunami dopo il terremoto che blocca i circuiti di raffreddamento….possiamo pensare ad operatori addetti al controllo che non sono lucidi mentalmente e al loro posto per la paura del terremoto…e la centrale va fuori controllo e la scienza della sicurezza non serve più a nulla….e nella disperazione tutto viene affidato all’improvvisazione. E qui emerge un altro fattore critico di questa tecnologia: la necessità di tenere sotto controllo un processo in grado di produrre temperature di migliaia di gradi per limitarlo ai 300°C necessari ad azionare le turbine per la produzione di elettricità. Il reattore nucleare non si spegne come una normale centrale a combustibile fossile; si può controllare fino a tenere basse le reazioni atomiche, ma in qualsiasi istante se ne perda il controllo, anche un reattore definito “spento” riprende spontaneamente a scaldarsi fino a migliaia di gradi.

La fede nella tecnologia che tale impresa richiede fa un po’ rabbia e un po’ tenerezza per la sua dose di inevitabile ingenuità da parte degli addetti alle centrali, che parlano come vocati al culto del “dio sole”. Fa orrore quando la “divinità tecnologica”, come alcune strumentalizzazioni della religione fanno anche nel presente, richiede, anzi cinicamente prevede, i suoi kamikaze, il sacrificio della vita umana. Fa rabbia se si pensa che l’oggetto finale dell’impresa è mantenere un modo assurdamente complesso e pericoloso per lo scopo banalissimo di produrre vapore a 300°C…un po’ come uccidere le zanzare a fucilate.

Fa rabbia vedere politici sciocchi e ignoranti che, per i loro meschini ed a volte inconfessabili interessi di parte, trattano con leggerezza e cinismo questi argomenti e questi fatti drammatici.