Il dilemma energetico
Il mondo è di fronte a un bivio. L’economia consumista mostra i suoi limiti. Il primo limite è quello scontato dell’esaurimento delle risorse non rinnovabili su cui si fonda, che ormai al ritmo attuale di crescita è questione di pochi decenni. Il secondo limite è quello degli effetti sulla biosfera del massiccio uso di queste risorse, che rischiano di azzerare tutti progressi fatti negli ultimi 100 anni in termini di benessere ed in molti casi di minacciare la sopravvivenza stessa di centinaia di milioni di persone.
Per “effetti sulla biosfera” intendiamo la diffusione di composti chimici tossici e cancerogeni attraverso tutte le matrici ambientali, cioè l’aria, l’acqua, il mondo vegetale ed animale; la diffusione di isotopi radioattivi; i cambiamenti climatici, con il conseguente sconvolgimento dei cicli idrologici, l’avanzata dei deserti da una parte e l’inondazione di immensi territori dall’altra; la devastazione di vasti territori per attingere a nuove risorse, con la perdita di habitat e di biodiversità, e la conseguente estinzione di numerosissime specie. In altre parole, per inseguire il mito crescita dei consumi=benessere stiamo distruggendo meccanismi fondamentali della biosfera che garantiscono anche la nostra sopravvivenza.
Resta solo da capire contro quale dei due limiti si scontrerà per primo la folle corsa del consumismo.
In campo energetico ancora prevale la logica di attingere fino all’ultima goccia di petrolio, all’ultimo litro di gas, all’ultimo pezzo di carbone, all’ultimo chilo di uranio, confidando che i presunti benefici saranno sempre superiori ai danni, nonostante che tutti gli esperti dicano ormai che si avvicina la soglia oltre la quale avverrà il contrario. Lungo questa strada, allo stato attuale delle conoscenze, le risorse estraibili entro il limite di convenienza, dettato dalla prevalenza dell’energia utilizzabile rispetto a quella spesa per l’estrazione e l’utilizzo (EROEI=energy return on energy invested), ci consentiranno di andare poco oltre il 2050 e al massimo proseguire fino al 2100 attraverso grandi difficoltà. I fautori di questa scelta, pur nascondendosi dietro un presunto realismo, confidano fideisticamente nel fatto che la scienza ci dirà poi come affrontare il secolo successivo, senza portare nessuna prova che ciò sia effettivamente possibile. Dal momento che ogni volta che utilizziamo energia compiamo delle trasformazioni sull’ambiente che riteniamo vantaggiose, dovremmo cominciare a porci seriamente il problema di un nuovo limite: ogni volta che usando energia produciamo un cambiamento locale vantaggioso, provochiamo altrove un disordine, un cambiamento negativo come ineluttabile prezzo da pagare alla fisica (entropia).
L’unico modo che abbiamo per evitare questo pesante costo ben conosciuto dalla fisica, è attingere a fonti di energia esterne al nostro pianeta: l’unica che abbiamo è il sole e tutti gli effetti che produce sul nostro pianeta: produzione di biomasse, insieme alla luna il vento e le maree, ecc. E’ la fonte energetica che da sempre utilizza la biosfera da oltre 3 miliardi di anni; l’unica che può darci un futuro altrettanto lungo.
Non abbiamo altra strada che adeguarci a ciò che da sempre ha successo sul nostro pianeta. I politici che dicono il contrario o sono ignoranti, ho hanno cinicamente calcolato che pensare all’oggi senza preoccuparsi del domani renda di più in termini di potere.
Di fronte ad un bivio di questo genere bisognerebbe quanto prima sviluppare strategie per la trasformazione delle infrastrutture e delle tecnologie energetiche e produttive, per adeguarle al funzionamento con le fonti rinnovabili. Investire in innovazione e ricerca.
Chi più di noi deve farlo? Noi che viviamo infatti in un paese povero di risorse non rinnovabili. Noi che nel meridione godiamo delle maggiori ore annue di sole d’Europa, che possediamo i giacimenti geotermici fra i più ricchi del mondo, che abbiamo un discreto potenziale eolico, foreste i cui scarti legnosi possono alimentare comunità locali, grandi mari di cui sfruttare il moto ondoso, e colpevolmente ignoriamo queste grandi ricchezze.
La nostra disgrazia è quella di avere politici incapaci di guardare oltre le scadenze elettorali e le indicazioni dei sondaggi, che cambiano strategie energetiche da un giorno all’altro, in anni che richiederebbero invece scelte stabili e coraggiose.