Lettera a un economista
Adam Smith è morto…e noi non stiamo molto bene.
Per anni ci hai detto che per star bene dovevamo obbedire alle leggi del mercato globalizzato e noi ci abbiamo creduto. Ci hai chiesto in nome di queste “sacre leggi” di lavorare di più e di rinunciare agli aumenti di stipendio previsti nel nostro contratto di lavoro; di andare in pensione più tardi e di rinunciare al posto fisso, perché i mercati richiedevano flessibilità. Ci hai detto che tutto questo era per il nostro bene e invece oggi ci accorgiamo che la flessibilità è divenuta per molti precarietà perenne, per altri disoccupazione; ed oggi ci dici che le cose non vanno ancora bene, anzi, peggio, siamo sull’orlo del baratro, perché le agenzie di rating ci hanno tolto la fiducia. Ma a noi nessuno ci ha mai chiamato a votare per i capi di queste
agenzie che da un giorno all’altro decidono le sorti di paesi e continenti sulla base di criteri di valutazione decisi da loro e proposti come “leggi divine”, la cui soggettività comunque offre garanzie oggettive agli investitori, cioè a quelli che manovrano enormi capitali senza produrre nulla, come in un grande gioco del Monòpoli planetario, in cui le uniche cose reali sono gli enormi arricchimenti di pochi e l’enorme impoverimento di tanti.
Ma noi stavamo tranquilli perché abbiamo un presidente del consiglio che di soldi se ne intende, che due anni fa già diceva che la crisi era finita e fino a pochi giorni fa affermava deciso che non avrebbe mai contagiato l’Italia perché la nostra situazione finanziaria era solida.
Caro economista, sarebbe forse ora che tu prendessi coscienza del fatto che non solo Adam Smith è morto, ma che non esiste più quel mondo in cui ha sviluppato la sua dottrina economica in cui con incrollabile fede ancora tu credi. Non esiste più un mondo con meno di un miliardo di abitanti ed una quantità di risorse naturali e di potenzialità tecnologiche inesplorate al punto di poterle ritenere infinite. Oggi siamo 7 miliardi e le risorse su cui si fonda la nostra economia sono entrate in uno scenario di progressiva insufficienza, preludio dell’esaurimento. L’effetto di “sgocciolamento” della ricchezza dai più ricchi verso i più poveri, teorizzato da Adam Smith, è stato sostituito attraverso il dominio dei mercati finanziari da una “risalita per capillarità”, o se preferite da un “risucchiamento” dal basso verso l’alto, dai più poveri ai più ricchi.
Invocare un rilancio dei consumi come fai tu significa gettare altra benzina sul fuoco, far risalire un po’ il PIL innescando tuttavia una nuova crescita del costo di materie prime sempre meno abbondanti ed in molti casi già scarse, suscitando una nuova spirale di crisi ancora peggiore di quella attuale. Eppure qualche tuo collega un po’ “eretico” come Nicholas Georgescu Roetgen, Dennis e Donella Meadows, Herman Daly, i fratelli Odum, da oltre 40 anni hanno previsto inascoltati che il sistema economico mondiale sarebbe entrato in una crisi irreversibile nella seconda decade del 2000, e ciò si sta verificando con sorprendente puntualità; gli ingredienti della crisi erano stati ben identificati nella scarsità di materie prime non rinnovabili, nelle crisi ecologiche, nella perdita di produttività agricola, spinta ormai al limite consentito dalla biologia, nell’aumento demografico incontrollato senza le necessarie iniziative di ridistribuzione mondiale delle risorse. I mercati finanziari e le loro leggi e regole arbitrarie, senza l’unica solida base costituita da ciò che annualmente il pianeta Terra è in grado di offrirci in termini di risorse, stabilità del clima, produttività primaria, ripristino della qualità dell’aria, dell’acqua e della fertilità dei suoli, si riducono solo a un cinico gioco di
arricchimento di chi è già ricco, a cui si accompagna l’ipocrita contrizione davanti alla crescita, che presto sarà esponenziale, di disperati che già oggi a centinaia di milioni, trovano la morte nei loro paesi per la mancanza di quelle risorse da loro esportate per garantire a noi il superfluo ed ogni sorta di capriccio, o tenteranno la sorte gettandosi allo sbaraglio nelle drammatiche traversate della disperazione nel Mediterraneo.
Eppure la soluzione c’è, ed è l’esatto contrario di quello che tu predichi e metti in atto:
- autolimitare la produzione industriale verso un sistema economico e produttivo non in crescita ma stazionario, cioè in grado di produrre stabilmente benessere e felicità per tutti.
- migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse ed utilizzare esclusivamente risorse rinnovabili
- eliminare i consumi superflui sviluppando per esempio prodotti e beni durevoli, riparabili, aggiornabili, riciclabili, commercializzati senza inutili confezioni.
- non bruciare nessun materiale scartato ma riutilizzarlo. Pensare che il nostro premier si è ripetutamente vantato di aver avviato la costruzione di ben 5 inceneritori in Campania; poi per fortuna se ne è realizzato uno solo.
- sostenere la produttività primaria netta del pianeta avendo cura delle foreste e degli altri ecosistemi marini e terrestri
- aver cura della qualità biologica dei terreni riciclando gli scarti organici urbani
- utilizzare energia e cibo a chilometro zero, cioè rendere il più possibile autosufficienti da un punto di vista energetico ed alimentare i territori utilizzando le fonti energetiche rinnovabili esistenti e modulando su di esse le produzioni industriali, e saper aspettare la maturazione dei prodotti agricoli locali, senza importarli dall’Argentina per averli fuori stagione
- incentivare forme etiche e volontarie di controllo delle nascite, in contrasto con quanto avviene oggi in cui si incentivano le nascite sotto la falsa motivazione ideologica o religiosa, interessati non alla vita dei bambini ma alla nascita di nuovi consumatori, o per alcuni addirittura alla nascita di nuovi “italiani” o nuovi “padani”(!).
- muoversi meno e meglio evitando inutili spostamenti e relegando al passato il devastante mito dell’automobile.
- riconquistare il tempo perduto, superando il mito della velocità, della fretta, che moltiplica impegni e stress rendendo ogni cosa superficiale.
Ma tu dici che queste cose non fanno crescere il PIL, e se il PIL non cresce non può esserci benessere e felicità.
Caro economista, credi davvero che lanciare treni a 300 km/h da Parigi a Kiev, passando dalla Val Susa, devastandone valli e montagne, sia un progresso e ci renda tutti più felici ? E come la mettiamo con la felicità e la salute di chi vive in Val Susa ? Non sarebbe meglio investire questi soldi nel ripristinare la navigabilità del Po e dei canali padani, e potenziare i porti del Tirreno e dell’Adriatico per trasportare merci consumando 1/5 dell’energia rispetto ai TIR ?
Credi che saresti meno felice se invece di fare migliaia di km in aeroplano per andare in vacanza alle Seycelles ne facessi poche centinaia in nave per andare nello splendido mare delle Eolie ?
Credi davvero che aspettare che maturino i frutti nei campi della tua regione invece di farli viaggiare per migliaia di km in aereo sia una grave limitazione ?
Credi davvero che sarebbe limitante avere un computer che duri 10 anni, magari con la possibilità di aggiornarlo, anziché sostituirlo ogni due per ospitare software volutamente sempre più esigenti ?
Non credi di poter rinunciare ad almeno il 50% dei tuoi acquisti senza perdere per questo nemmeno un briciolo di felicità ?
Certo questo farebbe crescere meno il PIL ma in cambio lascerebbe un ambiente più sano ed una economia più stabile.
E per quanto riguarda il tempo, invece di fare 50 cose al giorno, scegli le cinque più importanti e falle meglio che puoi. Fra queste cinque non dimenticare di inserire l’incontro con le tue persone care, con i tuoi amici; intrattieniti con loro senza guardare l’orologio; ti sentirai di nuovo padrone del tuo tempo e questo ti renderà più felice.