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I sacerdoti della TAV

2 marzo 2012 0 commenti

sacrifici umaniNelle comunità arcaiche esistevano popoli convinti che il benessere collettivo dipendesse dall’entità del sacrificio che offrivano alla divinità; e per questo non esitavano ad immolare sul suo altare quanto avevano di più caro: i propri figli. Sembra che l’uomo contemporaneo non si discosti molto dai suoi più lontani antenati e il caso della TAV ne è una delle tante prove. La popolazione della Val di Susa deve accettare il sacrificio in nome del benessere dell’intero popolo italiano: è questo che ripetono gli ultimi governi, a prescindere dal loro colore politico, con rigidità integralista, rivendicando la razionalità assoluta della loro fede.

Ma se vogliamo essere davvero razionali dobbiamo innanzitutto chiederci che cosa è il benessere, poi come si produce questo benessere, ed infine in che relazione di subordine il benessere di una popolazione circoscritta è con il benessere di una popolazione più ampia.

La presenza della specie umana sulla Terra si fa risalire a 3 milioni di anni fa, l’homo sapiens, cioè noi, abitiamo il pianeta da circa 250.000 anni, ma solo negli ultimi 200 anni ci siamo convinti che il nostro benessere sia legato indissolubilmente alla crescita perenne della quantità di merci che riusciamo a produrre, o meglio al ricavo economico che si ottiene (PIL) e quindi al loro trasporto verso i mercati più lontani, dimenticando una elementare legge della fisica: l’ordine che noi diamo alla materia prelevandola dalla natura e lavorandola per aggregarla in un oggetto (merce) non può che avvenire a scapito di un disordine che generiamo nei luoghi da cui abbiamo prelevato le risorse utilizzate (la natura). Attraverso questo processo si arriva al punto in cui gli effetti negativi del disordine ambientale generato superano i presunti effetti positivi derivanti dalla produzione e dal trasporto delle merci e ciò danneggia inequivocabilmente il benessere in vari modi: cambiamenti climatici, inquinamento, desertificazione, ecc.

Allora dobbiamo accettare la semplice deduzione che il benessere non è un concetto oggettivo che possono definire gli economisti ed applicarlo in tutto il mondo, ma è un concetto soggettivo: ogni individuo ha la sua particolare idea di benessere e scopo della politica è di guidare l’economia in modo tale che mediamente sia abbastanza soddisfatta la richiesta di benessere di tutti; questo si chiama distribuzione del benessere. E’ esattamente quello che fa la natura in ogni suo sistema organizzato da sempre e con sempre più efficienza: produrre il massimo benessere possibile con il minor impiego possibile di materia ed energia. E’ esattamente il contrario di ciò che sta facendo l’uomo contemporaneo abbagliato dalla irrazionalità di una economia che si fonda su una crescita illimitata dei consumi e che prende a misura del benessere di un paese la quantità di merci che lo attraversano nell’arco dell’anno.

Il progetto della TAV non risponde ad una diffusa e legittima richiesta di benessere della popolazione italiana, altrimenti le priorità sarebbero ben altre: metropoli inquinate per la carenza di metropolitane, ferrovie fatiscenti nel sud Italia, un territorio in gravissimo dissesto, un patrimonio storico culturale in deperimento, porti sottoutilizzati che potrebbero garantire il collegamento marittimo verso Francia e Spagna con l’impiego di metà dell’energia rispetto alla TAV, scuole allo sfascio per mancanza di supplenti, università senza futuro in cui si tagliano i corsi in base al numero di studenti e non alla qualità dei contenuti, una sanità che oscilla fra eccellenze e terzo mondo…ecc.

Ma la TAV ce la chiede l’Europa! Gridano i suoi sacerdoti. Allora non è la popolazione della Val di Susa a doversi sacrificare per il benessere del popolo italiano, ma è l’intero popolo italiano a dover capovolgere le sue priorità nell’interesse dell’intero popolo europeo. E domani (e già oggi) sarà forse l’intero popolo europeo a doversi sacrificare nell’interesse dell’intero popolo mondiale identificato con l’interesse dei mercati finanziari. Ed infine gli integralisti del consumo ci diranno che è l’intero pianeta a dovere essere immolato sull’altare della religione della crescita perenne, anche se la ragione ci dice che questa è impossibile nella realtà, possibile solo nella presunzione di onnipotenza del Dio Mercato.