Benedetto Paese
Paese benedetto l’Italia. Le sue bellezze sono state descritte da chiunque, in qualunque epoca, si sia trovato anche solo a passarci. Benedetto Paese l’Italia! Ferita, rovinata in qualche caso davvero massacrata da chi per primo dovrebbe difenderla e averne cura. Speculazioni, condoni, leggi sbagliate, distrazioni, scelleratezze di ogni tipo hanno ovunque intaccato il nostro territorio. Il cemento ha traboccato dalle aree urbane, si è riversato sulle coste, si è diffuso nelle campagne. Una metastasi grigia che cancella terreno fertile, che occupa campi, che deturpa i paesaggi. In nome di quale ricchezza? Ciò nonostante l’Italia rimane un paese bello. La bruttezza non ha ancora avuto il sopravvento. Ancora, se solo lo si volesse, si potrebbe recuperare, restaurare, restituire bellezza ed armonia. La nuova pianificazione paesaggistica, in capo alle Regioni, dovrebbe fare questo. Invece mentre i piani regionali trovano mille difficoltà, i piani regolatori fermentano, e se i piani regolatori non bastano si costruisce in deroga. E così, mentre la pianificazione di riferimento è incerta, mentre restano accumulati milioni di pratiche dei condoni del 1985, del 1994 e del 2003, non si è mai smesso di costruire. Ed oggi c’è chi vorrebbe aumentare, accelerare questa tendenza vedendo in questa insana febbre cementizia occasioni economiche ed occupazionali imperdibili. Poco importa se poi l’edilizia è uno dei comparti lavorativi con le più alte percentuali di lavoro in nero, e regno delle vergognose morti impropriamente dette bianche; poco importa che tutti sanno che non si potrà costruire all’infinito e che l’occupazione di oggi sarà disoccupazione domani; poco importa se la fragilità del nostro territorio aumenta progressivamente ogni qual volta aumentiamo il livello di invasione dei suoli.
Ma poi ci riconosciamo in quanto sta succedendo? Ci ritroviamo nelle città che abitiamo? Nei posti in cui andiamo in vacanza? E’ il paese che ci piace quello che vediamo affacciandoci alla finestra? Che si sbriciola ai nostri piedi alla prima pioggia torrenziale (e saranno sempre più torrenziali!) d’autunno? Qualcuno si è rubato un pezzo di Bel Paese e di natura che invece appartengono a tutti. E a pensarci bene anche la memoria ci viene sottratta, sia essa collettiva (quindi l’identità di una comunità), sia essa individuale e privata.
Un po’ per gioco, torno a vedere i luoghi ritratti nelle vecchie fotografie di famiglia. A volte cerco di scattare una foto dalla stessa angolazione. E’ ovvio che tutto sia cambiato, non potrebbe che essere così, ma possibile mai che il cambiamento è avvenuto in modo così caotico e disordinato, così spesso dominato dal brutto? Era davvero inevitabile tutto questo? Un po’ per gioco, quando mi sposto in auto, l’occhio mi casca sulle gru che spuntano tra i palazzi, che si vedono lungo le strade. Non so quante volte negli anni ho contato le gru che si vedono dal Grande Raccordo Anulare di Roma, il risultato è la trasformazione del Grande Raccordo in una sorta di tangenziale urbana che smista verso i grandi centri commerciali, verso i nuovi quartieri venduti come residenziali ma in realtà null’altro che estrema periferia urbana vestita a nuovo e realizzata con un po’ più di cura che non in passato.
La trasformazione del territorio porta con se la cancellazione di mille storie. È in atto una profonda trasformazione valoriale nel nostro modo di essere, non si percepisce più il valore che si perde e non si comprende bene quale sia e voglia essere il valore nuovo. Non è lo stanco ‘si stava meglio, quando si stava peggio’. Si tratta di aver smarrito il punto di equilibrio. E sono solo io ad averlo smarrito? Ma soprattutto la vogliamo davvero la ‘sbornia edilizia’ che sembra profilarsi con le nuove proposte governative?
Gaetano Benedetto – co-direttore WWF Italia