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Nel Mediterraneo proliferano le specie “aliene”: censite già 900

24 maggio 2011 0 commenti
pallaUno studio condotto dall’Università svedese di Goteborg ha rilevato che negli ultimi decenni più di 900 specie aliene invasive (specie alloctone) si sono insediate nel Mediterraneo modificando, di conseguenza, gli equilibri ecologici marini e la catena trofica. Dato che non sono state finora condotte valutazioni specifiche sulle conseguenze sull’ambiente marino mediterraneo e sulla biodiversità mediterranea di questi mutati equilibri, ancora non si conoscono bene i rischi che ne derivano sulle risorse naturali marine e marino-costiere, ma anche sullo sviluppo socio economico delle popolazioni costiere che da quelle risorse dipendono.

Le rahoni dell'”invasione” sono ben note. Quando fu aperto il canale di Suez nel 1869 fu creato un “corridoio” attraverso cui molte specie sub tropicali del mar Rosso hanno avuto accesso nel Mediterraneo, ma le condizioni climatiche ed ambientali non erano tali da favorirne il loro insediamento. Negli ultimi decenni la situazione è mutata, sia a causa dei cambiamenti del clima, sia a causa dell’impatto delle attività antropiche sugli ambienti costieri.
Una delle specie invasive che sta più profondamente cambiando gli equilibri del Mediterraneo è il pesce palla argentato (lagocephalus sceleratus), assieme al barracuda e al pesce flauto. Il pesce palla, in particolare, non ha avversari che ne limitino la sua diffusione, Non è oggetto, infatti, di predazione perchè contiene nella sua carne e nella sua pelle la tetradotossina, un veleno più potente del cianuro, che causa la paralisi dei muscoli e l’arresto respiratorio del suo eventuale predatore. Per via di questa potente neurotossina, il pesce palla none è neanche idoneo all’alimentazione umana, anzi è vietato pescarlo e commerciarlo. Pertanto, il pesce palla, come specie, sta diventando la specie dominante nel Mediterraneo, con effetti ecologici, ambientali e socio economici del tutto imprevedibili. Monitorare questa ed altre specie aliene invasive, valutare le conseguenze della loro proliferazione nel Mediterraneo è ormai una priorità non solo per la salute del mare ma per la nostra stessa salute.