Barili in soffita, in cantina e nel retrobottega.
Gli equipaggi giocano a carte o vanno in giro per il porto a bere birra (o aranciata, in Paesi islamici). Qualcuno rivernicia il ponte e passa l'antiruggine. L'armatore, invece, probabilmente sfoglia cataloghi di auto di lusso cercando di decidere quale aggiungere alla sua collezione.
Stiamo parlando dei supertankers, le petroliere che un tempo navigavano per gli oceani consegnando greggio ad affamati Paesi consumatori. Adesso, se ne stanno ferme nei porti... piene di petrolio fino all'orlo. Nella maggior parte dei casi è un segreto ben custodito, fino a che punto siano piene, ma non è difficile arguire che siamo vicini al limite. Costa 75 mila dollari al giorno, tenerle lì, e il prezzo è in aumento perché ce ne è una gran richiesta.
Che succede? Nessuno vuole più petrolio? Non esattamente: oltre al calo della domanda, c'è il calo del prezzo. E i Paesi produttori preferiscono tenersi il greggio in attesa di tempi migliori piuttosto che svenderlo. Così, oltre a rallentare la produzione, riempiono depositi, serbatoi, riserve, e quando non c'è più spazio caricano petroliere per tenerle ferme in porto. Anche qualche investitore fa altrettanto, succede in USA, se trovano un affare conveniente comprano e poi stoccano sperando di rivendere poi a prezzi più alti.
Un po' costosa, come opzione, e si rischia parecchio: si rischia di finire costretti a vendere sottocosto per liberarsi dei costi di nolo e assicurazioni.