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Il gasdotto dei terremoti.

15 aprile 2009 0 commenti

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Indovinello semplice. Cosa vi ricordano i nomi di queste ridenti cittadine dell'Italia Centrale? Foligno, Colfiorito, Cascia, Norcia, Nocera Umbra, Gualdo Tadino, Gubbio, Città di Castello, Sulmona, L'Aquila... esatto: sono tutte tristemente celebri per i terremoti. Ognuno di questi nomi, ripetuto all'infinito alla TV, ci ricorda uno dei tanti sismi che periodicamente colpiscono il nostro Appennino. Case che crollano, tendopoli, containers, disperazione.

Ma gli stessi nomi sono inanellati uno dietro l'altro a costruire il percorso di un gasdotto. Vi pare sensato? A Los Angeles è vietato costruire case di più di tre piani, per via della sismicità, e noi progettiamo gasdotti sotto L'Aquila e Colfiorito. 

La realizzazione del metanodotto è della Snam rete gas, gruppo ENI, mentre la distribuzione della materia prima è di British Gas. 680 km, fino a Minerbio con partenza da Brindisi, ovvero dal famigerato rigassificatore in fieri (sempre di British Gas) che al momento è fermo per dettagli quali 5 arresti, 27 avvisi di garanzia, 52 perquisizioni in tutta Italia e il sequestro dell'area di Capobianco.

I cittadini protestano, e alla fine anche le amministrazioni locali cominciano a dimostrarsi sensibili. Interviene anche il WWF. Qui un testo riassuntivo, altre info qui.

Non voglio menzionare i disastri ambientali che questo progettato gasdotto, tutt'altro che piccolo, porterà alle zone coinvolte. So che a molti non frega un bel nulla né delle falde acquifere, né dei lupi di montagna, né dei vigneti. Se vogliamo il gas, sosterrà qualcuno, dobbiamo pur farlo passare da qualche parte! La questione è che questo gas non serve né a noi italiani tutti, né alle regioni in oggetto. Rientra invece in quel famoso disegno di Italia come hub del gas internazionale di cui più volte si è parlato. Ciò significa che altri fanno passare di qui il gas a loro esclusivo uso e consumo, che sia nei rigassificatori o nei gasdotti, e il nostro Paese ci guadagna solo come diritti di passaggio e gestione della faccenda. (Per l'esattezza, preciso, ci guadagna chi costruisce le infrastrutture... e no: non è lo Stato.)

Beh, i soldi fanno pur sempre comodo, no? Dirà qualcun altro. Certo. Ma forse occorrerebbe pianificare con più oculatezza i nostri investimenti produttivi. E' opportuno, per un Paese che crolla un giorno si e un giorno no, investire in gasdotti, e farli poi transitare con la massima disinvoltura (e menefreghismo, aggiungerei) proprio là dove la terra trema ogni momento? E' opportuno insomma che in nome del business si passi ancora una volta sulla testa dell'ignaro cittadino, che deve subire e zitto? E' un po' un'abitudine italiana, quella di trattare i cittadini come dei sudditi, e non a tutti piace.

Ultima osservazione. Vi invito a rileggere questi due vecchi post che esaminavano nei dettagli la questione gas. Tra concorrenza internazionale, risorsa in esaurimento, carenza di impianti di liquefazione e di navi gasiere, il gas sarà ancora  un buon investimento solo per pochi anni. Mentre la devastazione del territorio è una ferita che rimane per sempre.

 

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