Tra ‘beau geste’ e economia da ‘ancien régime’
E’ come se in un luogo invisibile e silenzioso, ma vicino all’agitato brusio delle stanze dei lavori qualcuno avesse girato la clessidra del tempo. Iniziano a scorrere sempre più veloci le ore, i minuti e i secondi della conferenza. Si affastellano le richieste, rimbalzano i commenti e le obiezioni, più stanca e concitata la voce dei chairman e dei co-chairman che cercando di mantenere la concentrazione e la concretezza degli interventi. Ogni delegazione è cosciente che sono le ultime ore per portarsi a casa i propri obiettivi. Ma quali obiettivi? Non sempre le obiezioni e le richieste sembrano allineate con il grande obiettivo di conservare la biodiversità del Pianeta. Tutt’altro. Nelle richieste e negli interventi è facile vedere l’ombra degli interessi industriali, di quelli biecamente economici, ma di un economia conservatrice e bigotta, votata ahimè all’estinzione …molti paesi (e tristemente molti paesi ricchi di biodiversità) remano perché il nuovo piano strategico venga considerato indicativo e “flessibile”, perché non ci sia un riferimento temporale all’arresto di perdita di biodiversità o, peggio che si parli di ridurre del 50% anzichè di fermare la perdita di biodiversità. Paesi famosi per le loro incredibili foreste, come la Malesia, la Colombia o le isole del Pacifico chiedono che nella Missione del piano strategico non vi siano riferimenti espliciti alle foreste mentre altri cercano di impedire che vengano messe limitazioni alle produzioni di biofuel a scapito di territori di alto valore per la biodiversità. Rischiano molto anche il mare, gli oceani: la Cina è riuscita per adesso a bloccare l’obiettivo ambizioso di portare al 20% la protezione dei mari del Pianeta. E’ facile immaginare perché…il mare è ancora visto come una risorsa a cui attingere senza limiti e senza criteri e non può sottrarsi alla “fame” di risorse naturali dei consumatori, vecchi e nuovi.
Ma guardiamo al bicchiere mezzo pieno: ben 13 dei 20 obiettivi del nuovo piano strategico sono stati approvati, e non è una piccola cosa visto che si parla di impegni per mettere in sicurezza un incredibile patrimonio di natura. Ci sono ancora speranze che anche il Protocollo su un uso condiviso ed equo delle risorse genetiche venga stipulato: forse più per stanchezza (alcuni delegati ci stanno lavorando in modo incessante da anni) che non per effettiva condivisione e partecipazione.
Molto bello anche il gesto della Francia, che seguendo le orme del Giappone, ha voluto rilanciare un impegno aggiuntivo di 4 miliardi di € in 3 anni a sostegno della conservazione della biodiversità attraverso la cooperazione locale.
In plenaria qualcuno ricorda che stiamo mettendo in gioco un patrimonio che appartiene alla generazioni che verranno e che graverà su di noi la responsabilità di non aver fatto abbastanza per impedirlo. Consola anche l’intervento del Direttore esecutivo dell’UNEP Achim Steiner, che parlando dell’IPBS (un comitato intergovernativo per la biodiversità e i servizi degli ecosistemi) ha ricordato che scienziati ed economisti devono svolgere un ruolo indipendente dimostrando come i modelli di crescita economica hanno portato ad uno straordinario impoverimento del Pianeta. C’è anche chi ha voluto sottolineare il valore di grandi iniziative per la conservazione della biodiversità come la Global Tiger Initiative che coinvolge un gran numero di governi e di portatori di interessi…peccato però che le tigri così come il tempo a Nagoya siano veramente agli sgoccioli.