In Abruzzo si riuniscono i parchi europei mentre in Italia si va verso il precipizio
Oggi, 29 settembre, inizia l’importante incontro di Europarc, il congresso dei parchi europei, al Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Sono attesi oltre 300 delegati di tutte le aree protette del continente, anche da fuori UE.Gli intervenuti da tutta Europa, ma anche con esperti di altre parti del mondo come il nuovo direttore generale del National Park Service degli USA, sono chiamati a riflettere sul ruolo e la capacità di governance delle aree naturali protette in un mondo che si fa sempre più complesso e rapido nei mutamenti sociali ed economici.
Come sottolinea l’AIDAP, l’Associazione dei Direttori di aree protette, “un mondo interconnesso e globalizzato, in cui gli effetti distruttivi della passione cinese per il legno di palissandro sconquassa l’etica e la natura di un’isola lontanissima come l’incredibile e martoriato Madagascar”.
Ma l’Unione dei Parchi d’Italia, che raggruppa oltre ad AIDAP anche l’AIGAP, l’associazione dei guardiaparco e l’AIGAE, quella delle guide naturalistiche, ricorda che “il Parlamento italiano ha approvato la legge n. 122/2010 di ratifica del decreto legge n. 78/2010 con cui vengono ridotti del 50% gli stanziamenti ordinari dei parchi nazionali, ridotto del 10% il budget annuale del Ministero dell’Ambiente, ed introdotte una serie infinita di difficoltà per l’operato di enti parco che dovrebbero e si vorrebbero snelli e capaci di influire sulla perdita di biodiversità, come sulla conservazione della natura e del paesaggio, così come sul recupero delle tradizioni culturali e la ricerca di azioni per lo sviluppo compatibile”.
Prosegue l’Unione dicendo che “non solo questi obiettivi non potranno essere raggiunti, ma il taglio annuale del 50% dei contributi ordinari potrebbe determinare la chiusura di molti parchi nazionali, come anche dichiarato dal Ministro Prestigiacomo (CorSera del 19 luglio 2010). Bisogna tenere presente che in diversi dei 23 parchi nazionali italiani già la sola spesa per il personale supera il 50% degli attuali contributi, senza contare i costi vivi per il minimo funzionamento degli uffici, dei già pochi automezzi, attrezzature, e quant’altro serve al normale funzionamento di un’impresa come di un’amministrazione pubblica”.
Infine una pressante richiesta: “Dopo l’importante dichiarazione del Presidente della Repubblica, l’approvazione della mozione alla Camera dei Deputati, le dichiarazioni del Ministero dell’Ambiente, la gente dei parchi chiede l’urgente modifica di queste norme che portano alla paralisi di tutto il sistema nazionale delle aree naturali protette”.
Insomma, i parchi nazionali italiani stanno correndo verso un baratro, proprio mente si avvicina l’appuntamento di Nagoya della Convenzione della Diversità Biologica nel quale il Ministro Prestigiacomo si appresta a presentare la Strategia Nazionale della Biodiversità. Ma senza adeguata copertura finanziaria ed impegno di governo, come ricordato subito dopo la Conferenza Nazionale della Biodiversità nella scorsa primavera dalle associazioni ambientaliste, scientifiche e Federparchi in un documento congiunto, la Strategia rischia di essere un “bidone”, una foglia di fico per una situazione assurda ed opposta.
Qualcuno si muoverà prima che i parchi nazionali, come “lemming” che si buttano dalla rupe nel mare senza coscienza del loro destino, facciano una pessima fine?